Il nostro momento più difficile

Prima di scrivere questo articolo ci abbiamo pensato a lungo. Parlandone tra di noi siamo arrivati a porci domande come: è vantaggioso che un’azienda mostri di aver avuto momenti duri, momenti di difficoltà?

Alla fine ci siamo risposti che sì, è giusto. Prima di tutto perché negarlo è inutile, e poi perché crea una strana sensazione nell’aria, quella specie di imbarazzo tipico di quando ci sti trova con qualcuno che si prende troppo sul serio.

Tutte le imprese attraversano momenti di difficoltà, tutti gli imprenditori e le imprenditrici vivono in un continuo andamento fatto di alti e bassi e, soprattutto, fronteggiano costantemente la questione del domani: non esiste infatti alcuna certezza che quel che stai facendo oggi possa durare. Domani un cliente importante potrebbe sparire, domani una crisi o una rivoluzione di settore potrebbe mettere a rischio le tue fondamenta.

Detto questo, cerchiamo di restare positivi e di ricordare che tanti domani verso cui nutrivamo quelle paure ora sono degli ieri pieni di soddisfazione, progetti portati a termine, nuove richieste inoltrate da nuovi clienti e volti (e teste) entrati nella squadra.

Il nostro momento più duro fu durante un progetto realizzato per un cliente a cui eravamo stati presentati da un contatto comune. Avevamo quindi una doppia pressione addosso, quella di fare un buon lavoro e quella di non deludere né il cliente né le persone che ci avevano fatti incontrare.

Dovevamo realizzare una soluzione tecnologica che si potrebbe definire fuori standard. Le scadenze erano molto strette e si accavallavano a quelle di altri progetti da sviluppare, inoltre le particolari caratteristiche dell’incarico avrebbero richiesto un lavoro di squadra molto più coordinato per poter scomporre i problemi in sezioni più piccole e affrontabili. In quei giorni alcune dinamiche che oggi sono l’orgoglio di Jaewa non erano ancora così formate.

L’idea di non uscire da quel ginepraio e di non rispettare le scadenze ci premeva sulle spalle e ci toglieva letteralmente il sonno. Ci trovammo a fronteggiare tre grandi problemi e da ognuno abbiamo imparato molto.

Tu fai il tuo, io faccio il mio

Pensavamo, ingenuamente, potesse funzionare. L’idea che ognuno si prendesse un pezzo del lavoro e lo portasse avanti in autonomia, focalizzandosi solo su quello e aggiornandosi ogni tanto con gli altri ci pareva intuitiva, semplice ed efficace. Era solo intuitiva e semplice. Oggi anche molta letteratura specializzata sull’argomento conferma questa impressione: l’organizzazione settoriale dei progetti è uno schema con molti limiti, almeno nel nostro ambiente. Molto meglio se il lavoro di ognuno viene organizzato in modo trasversale, così da incrociare quello di tutti gli altri. In tal modo si crea una sinergia più profonda e, soprattutto, ogni membro della squadra resta abbastanza aggiornato e consapevole del lavoro degli altri da dare supporto ogni volta in cui ce ne sia bisogno.

La frontiera è un luogo pericoloso

Un altro aspetto che sottovalutammo fu la consapevolezza del cliente sui rischi delle soluzioni di frontiera. Per essere più chiari: usare le ultimissime tecnologie è affascinante, interessantissimo sul piano professionale, ma rischioso. Per loro stessa natura le ultime novità sono ancora poco rodate, c’è meno letteratura dietro e meno supporto in caso di problemi. Oggi abbiamo imparato a mettere in guardia i clienti sui pericoli della frontiera. Usare gli ultimi ritrovati può effettivamente significare portarsi avanti nel tempo e anticipare eventuali competitori ma tutto ciò deve essere messo sulla bilancia insieme ai rischi che qualsiasi nuovissimo ritrovato comporta.

Trailer > Preventivo

Il preventivo, lo imparammo in quell’occasione, può diventare uno strumento utilissimo a chiarire con il cliente cosa stia acquistando. Sembra banale ma non lo è: soprattutto all’inizio è facile sottovalutare il livello di dettaglio da presentare in sede di accordo al cliente. Noi, in questo caso, sbagliammo a stringere accordi in cui alcuni particolari non erano stati esplicitati. Era chiaro cosa avremmo dovuto fare ma non erano stati tracciati con sufficiente precisione i limiti e le richieste specifiche del progetto. Il risultato furono alcune fasi molto caotiche in cui arrivavano all’improvviso, e spesso molto a ridosso dei termini ultimi di consegna, modifiche ai piani iniziali.

Oggi realizziamo delle anteprime estremamente precise e dettagliate su cosa il cliente otterrà dal nostro lavoro. In questo modo tuteliamo lui o lei da qualsiasi equivoco possa mai crearsi e tuteliamo noi stessi da fattori esterni. Talvolta, infatti, la necessità di modifiche può anche non venire dal cliente ma da un altro collaboratore coinvolto, che magari si sta occupando di un diverso aspetto dello stesso progetto.

Senza nulla togliere alla qualità del prodotto (che resta la priorità assoluta), è necessario che il lavoro resti sostenibile. Fornire un’anteprima cristallina al cliente è uno degli strumenti migliori per tutti.

Sia chiaro che alla fine ci siamo riusciti e agli occhi del cliente tutto andava benissimo. Noi, però, eravamo soddisfatti del prodotto consegnato ma non abbastanza di noi stessi: non avevamo lavorato bene come avremmo voluto e sentivamo il bisogno di perfezionarci. Eravamo consapevoli di dover mettere a frutto quell’esperienza.

In particolare imparammo che vincere da soli è difficile, faticoso e rischioso. Il supporto di una buona squadra è assolutamente fondamentale, per questo ne va curato ogni aspetto affinché resti propositiva e unita.

Oggi guardiamo a quel momento così stressante come a una straordinaria occasione di crescita. Ci mise di fronte agli occhi dei limiti che non ci eravamo resi conto di avere e ci obbligò a superarli. Sono lezioni che non abbiamo più dimenticato.